Il narcisismo patologico.

Il narcisismo patologico. Una giornata di formazione al Centro Antiviolenza Erize per sfatare i falsi miti sul narcisismo.

Lo scorso 13 aprile ha avuto luogo il secondo appuntamento formativo tenuto dalla Psicologa e Psicoterapeuta Rita Zumbo presso il centro Antiviolenza M. A. Erize sul narcisismo patologico.

Il termine “narcisista” è ormai entrato a far parte del linguaggio comune. Ma chi è davvero il narcisista patologico?

Per spiegare questo disturbo, ci viene in aiuto la mitologia.

 “Interrogato se Narciso sarebbe giunto a vedere una lunga avanzata vecchiaia, l’indovino rivelatore del fato aveva risposto: «Se non conoscerà se stesso».

Ovidio, Metamorfosi, 3: 339-510

Secondo la leggenda, questa è la profezia che venne fatta alla Ninfa Liriope sul futuro di suo figlio Narciso: la sua forza e la bellezza non si offuscheranno, finché non conoscerà se stesso.

La mitologia ci offre dei preziosi spunti per capire una delle caratteristiche principali del Narcisista patologico: la sua apparente forza risiede proprio nell’incapacità di conoscere e accettare le sue fragilità.

Il narcisista patologico, infatti, ha paura di “guardarsi allo specchio” e di vedere il suo lato ombra, perché questo potrebbe far crollare le sue sicurezze e provocargli una sofferenza che non è in grado di gestire.

Il Narcisista si crea quindi una corazza di ostentata grandiosità che gli impedisce di instaurare rapporti di autentica vicinanza e intimità con l’altro.

Narciso è incapace di amare qualcuno all’infuori di se stesso

Aprirsi all’altro significherebbe mettere in discussione il proprio modo di essere, correre il rischio di sentirsi fragile, di essere tradito o deluso e dunque, in definitiva, di soffrire.

Al polo opposto del Narcisista si trova il dipendente affettivo, rappresentato nel mito dalla Ninfa Eco.

Nello scenario descritto dalla leggenda, non resta molto spazio per la bella Eco che, innamoratasi di Narciso, arriva ad autodistruggersi per via dell’amore non corrisposto verso colui che vede solo se stesso.

Come spesso avviene nei miti, il finale è tragico.

I guai di Narciso iniziano nel momento in cui egli si innamora perdutamente della sua immagine, riflessa sull’acqua di un fiume. La leggenda narra che, una volta compreso che non avrebbe mai potuto coronare il suo amore verso la sua stessa immagine riflessa, Narciso si lasciò morire struggendosi inutilmente; si compiva così la profezia fatta a sua madre dall’indovino.

Chi è il narcisista patologico.

Potrà sembrare paradossale ma il bel Narciso, apparentemente così superbo e sicuro di sé, è in realtà estremamente fragile.

Quante volte ci è capitato di conoscere persone che mascherano la propria insicurezza dietro a un atteggiamento spavaldo e a castelli di bugie?

Contrariamente ai luoghi comuni, il “Narciso” di turno in cui può capitare di imbattersi nella propria vita, può essere sia un uomo che una donna.

Il narcisista patologico ha di solito queste caratteristiche:

  • non è empatico, cioè non riesce a mettersi nei panni dell’altro e per questo può arrivare anche a compiere atti malvagi, non rendendosi conto della sofferenza che genera (i comportamenti messi in atto possono andare dal fatto di non curarsi minimamente delle esigenze dell’altro fino agli atti più estremi quali la violenza e il femminicidio);
  • è spesso permaloso e non ama le critiche;
  • è un “attore dalle mille maschere”, che indossa per attirare la sua “preda” nelle prime fasi della conoscenza (può ad es. fingere di avere gli stessi interessi dell’altro e percepire quali sono i punti deboli su cui può fare leva per acquisire potere);
  • ha una carica energetica e vitale che affascina;
  • in genere tradisce nelle relazioni ed è solito mentire;
  • manipola la realtà e sfrutta le situazioni a suo vantaggio;
  • sminuisce continuamente il partner con continue critiche, facendolo sentire “sbagliato”.

 

“Non capisci mai niente”, “anche stavolta hai sbagliato”, “se sono arrabbiato/a è solo colpa tua”.

Chi ha avuto a che fare con un narcisista patologico almeno una volta nella vita, probabilmente si è sentito rivolgere ripetutamente affermazioni di questo tipo e conosce la diminuzione dell’autostima che nel lungo termine si finisce per sperimentare.

Il narcisismo patologico nasce da una sofferenza subita durante lo sviluppo, la cosiddetta “ferita narcisistica”.

Il narcisista non è stato in grado di accettare la sofferenza di sentirsi in qualche modo disapprovato e umiliato dalle sue figure di accudimento durante l’infanzia. Questo ha fatto sì che egli sia rimasto ancorato a una fase infantile dello sviluppo della sua personalità.

Intorno a questa fragilità, si è costruito un’impalcatura di difesa che gli permette di evitare la sofferenza di sentirsi disapprovato e non amato. Si protegge nutrendo il suo ego e circondandosi di persone che gli garantiscano continue conferme. Ogni critica, infatti, sarebbe una ferita difficile da rimarginare.

Per evitare di sentirsi fragile, il Narcisista patologico si erge a “giudice della vita” ed evita di entrare in contatto con la sua emotività e con quella altrui.

La manipolazione affettiva e i suoi segnali

La manipolazione affettiva che mette in atto il narcisista patologico verso il partner è una sorta di passo a due, ballato da due persone con caratteristiche complementari. Uno dei due, il manipolatore, ha bisogno di mantenere il controllo e l’altra, la vittima, ha una forte necessità di fusione e approvazione, che la porta a permettere al manipolatore di ridefinire la sua realtà.

Alla base della manipolazione c’è un ricatto affettivo:

“per essere amata/o da me devi essere in un certo modo”.

Spesso, chi è vittima di manipolazione affettiva da parte di un narcisista, presenta questi segni:

  • Ha scarsa fiducia nella propria capacità di percepire la realtà e dunque una sensazione di confusione;
  • riporta sintomi ansiosi (disturbi gastrici, attacchi di panico ecc.);
  • ha incubi o sogni inquietanti ricorrenti;
  • avverte timore, agitazione o stress quando è in presenza del manipolatore;
  • sperimenta frustrazione e sente compromessa la sua dignità;
  • avverte tristezza che può anche sfociare in vera e propria depressione;
  • prova rabbia.

 

Nei casi in cui si è vittima di manipolazione affettiva non sempre è facile capire che l’origine di questa sofferenza sia proprio la relazione. Il fatto di iniziare a cogliere questi segnali ascoltandosi di più, può essere il primo passo per fare chiarezza e individuare il problema.

Il narcisista e il dipendente affettivo: cosa hanno in comune?

Eco e Narciso, nonostante siano i poli opposti dell’amore patologico, sono uniti da un comune destino, quello della solitudine. Per solitudine non intendo quella di chi non riesce a instaurare o a mantenere un rapporto con il partner, ma la sensazione di vuoto data dalla mancanza di una reale connessione affettiva con l’altro. Ci si può sentire infatti profondamente soli pur essendo in coppia.

Sia la persona narcisista che il dipendente affettivo sono per così dire “ciechi”: Il narcisista non vede altro che se stesso mentre il dipendente vede solo l’altro e le sue esigenze ma non ha consapevolezza della sua identità, dei suoi bisogni e desideri.

Narciso tiene fuori dalla sua affettività il resto del mondo, mentre il dipendente affettivo esiste solo in funzione di ciò che prova per l’altro.

Per Eco e Narciso quindi è davvero impossibile amarsi. Sono come due binari paralleli; seppur vicini non possono incontrarsi.

Ciò che crea un’irresistibile attrazione e li lega l’un l’altro è proprio la loro caratteristica comune: la mancanza di autostima.

L’attrazione fatale tra Eco e Narciso

Perché il dipendente affettivo e il narcisista sono in grado di riconoscersi tra milioni di persone ed attrarsi come calamite?

Dipendente affettivo: “Io ti farò sentire amato/a e ti venererò fino ad annullare me stessa/o.

Narcisista: “Io colmerò il tuo senso di vuoto e la paura di essere abbandonata/o”.

 

Queste in sostanza sono le promesse implicite che si scambiano i due, fin dalle prime fasi della conoscenza.

Contrariamente ai luoghi comuni sull’argomento, non è solo il narcisista a “usare” il dipendente per i suoi fini, ma è vero anche il contrario.

Entrambi sono allo stesso tempo manipolatori affettivi e dipendenti.

Anche il manipolatore è in una posizione di dipendenza, visto che ha bisogno dell’altro per nutrire il suo ego.

Dalla consapevolezza alla libertà

Quando in ogni relazione d’amore finiamo con l’interpretare un ruolo fisso, che si tratti di quello della persona che si annulla per amore o di chi è freddo e sfuggente, stiamo rinunciando alla nostra libertà di scelta e annullando le caratteristiche che rendono ognuno di noi unico e speciale.

La base di una relazione sana, invece, è proprio la flessibilità.

Il primo passo per uscire da queste dinamiche rigide è acquisirne consapevolezza.

Nel momento in cui diventiamo consapevoli della nostra responsabilità rispetto alle esperienze negative del passato, smettiamo di percepirci come vittime e ci riappropriamo del nostro potere personale.

Ed è allora che siamo finalmente in grado di lavorare su noi stessi per diventare artefici di un cambiamento positivo in noi. Solo a quel punto possiamo accedere alle nostre risorse personali e far sì che le esperienze passate non ci condizionino all’infinito.

Il prossimo incontro al centro Erize si terrà il 4 maggio e verterà proprio su quello che è il tema  chiave per superare sia il narcisismo che la dipendenza affettiva: l’autostima.

Sibilla Ceccarelli – Coach, in collaborazione con Psicologhelab

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