Perché non si innamora di te?

innamora

Vediamo insieme i motivi per i quali la persona che desideri non si innamora di te e ti considera solamente un amico o semplicemente una persona affidabile.

Ti sembra di aver fatto tutto bene eppure dice che ti trova simpatico, che ti vuole bene. Ma non ti basta, vero?
NO
Nel momento in cui incontriamo una persona che ci piace, con cui vorremmo stare insieme, siamo naturalmente portati a cercare il suo consenso. È un atteggiamento naturale che però non tiene conto di un elemento fondamentale: la simpatia, l’accordo e l’affetto non sono la stessa cosa dell’interesse, di questi non s’innamora!
Questa distinzione fondamentale viene dimenticata troppo spesso, specie da coloro che riscuotono poco successo in campo sentimentale.
Simpatia e affetto non sono ciò su cui dovresti concentrarti se vuoi ottenere di più. Lei non s’innamora della persona per cui prova solo affetto.
Le persone ansiose di ottenere successo in amore, di solito si comportano cortesemente. Sono sempre educati, invitano la persona desiderata a uscire e, se riescono a superare l’imbarazzo, la riempiono di complimenti. Tuttavia, la cosa che non considerano è che non susciteranno il loro interesse con questo comportamento, ma, se tutto va bene, riceveranno solo il loro affetto.
Guardati intorno: le persone non iniziano una storia con una persona per la quale provano simpatia, ma molleranno gli ormeggi solo con coloro per i quali provano vero interesse.
Ma perché tutti si ostinano a cercare di conquistare la simpatia della persona desiderata?
Il motivo si chiama “reciprocità”. La maggior parte delle persone ha fretta, vuole tutto e subito, ha paura che il tempo stia volando via e quindi pensa che il modo migliore e più veloce per conquistare una persona sia quella di farsi volere bene, di prendersene cura e di rassicurarla.
Se le mostri il tuo affetto, allora potrebbe anche provare affetto per te. Questa è una strategia semplice e facile da mettere in pratica: tutto quello che devi fare è mostrare cosa provi e prestare attenzione. Se ci pensate bene è quello che ci dicono i romanzi d’amore o i film.

Ma così non si innamora…

Il problema di questa strategia è che le persone non scelgono chi gli sta simpatico ma coloro da cui sono attratti e per i quali provano interesse.
Conosci la differenza?
L’affetto è ciò che provi per i tuoi genitori e i tuoi amici più stretti, ma anche per qualcuno che ami davvero. L’attrazione, invece, è ciò che ti tiene sveglio la notte, che ti inebria, che ti fa volare con la fantasia e che ti attira come una calamita verso la persona che desideri.
L’affetto denota comportamenti diversi. Ciò che intendo sono i comportamenti con cui noi cerchiamo di mostrare a colui/colei che desideriamo che siamo la persona giusta: facciamo complimenti, regaliamo fiori, biglietti per concerti, invitiamo a cena, cerchiamo di impressionare, ci prendiamo cura offrendo soluzioni per tutti i problemi e, errore madornale, ci siamo sempre. Aspettiamo un cenno e siamo liberi e disponibili dimenticandoci dei nostri impegni. In questo mondo ci trasformiamo in zerbini.

Se farai tutto questo, nel migliore dei casi, ti considererà una brava persona. Sarai qualcuno che le sta simpatico, di cui si fiderà e forse, cosa che ti spezzerà il cuore, ti dirà che saresti l’uomo giusto per sua sorella o la sua migliore amica.
Vuoi sapere perché è così?
Mettiti nei panni della persona che desideri. Se incontrassi qualcuno che è affidabile, gentile e dolce allora penseresti che sarebbe la persona giusta per una qualcuno a cui tieni. Per te, invece, i fattori importanti sono altri. A te non interessa un buon partito, a te piace chi ti attrae, chi ti interessa, chi è in grado di stimolarti.
Quindi il comportamento gentile e affettuoso non attira l’attenzione, ma “solo” affetto e simpatia. Di più, se corteggi una persona troppo presto, di solito perderà il suo interesse per te.
Per rendere ancora più chiaro questo concetto, ipotizziamo un confronto semplice ma efficace …
Hai la possibilità di scegliere tra due donne: una che è totalmente presa da te e una che non riesci pienamente a decifrare e che ti tiene sulla corda. Pensaci bene: quale vorresti di più?
Molto probabilmente la seconda.

Il motivo per cui la desideri più dell’altra è che lei non è così disponibile per te.

Se abbiamo qualcosa a nostra completa disposizione, allora possiamo averla quando vogliamo e quindi non è più così desiderabile.
Ora applica questa conoscenza al modo in cui devi stimolare il suo interesse.

Il modo con il quale la maggior parte delle persone cerca di ottenere l’amore li rende tangibili e niente di straordinario. Questo comportamento segnalerà alla controparte che ha tutto il potere nelle sue mani e che le basterà schioccare le dita per averti.
Se lei sta disperatamente cercando qualcuno di innamorarsi, allora il tuo affetto può essere sufficiente per ottenere il suo amore e lei si farebbe coinvolgere da te.
Ma se lei è emotivamente stabile allora no, cercherà il miglior uomo possibile. Un uomo che le corre dietro e si prostra ai suoi piedi, senza che lei debba fare nulla, non le interesserà.
Questo spiega perché non interessano le persone che si possono avere facilmente, ma quelli che ci stimolano. Tali persone saranno sempre quelli dei quale non sarà sicura se potrà averli o meno. E di questo incredibilmente si innamora…
E questo ci porta a una regola importante che devi sempre applicare se vuoi suscitare il suo interesse verso di te.
Immagina una donna: se ti trova dolce e tu le confidi i tuoi sentimenti verso di lei, allora non la sposterai da dove si trova. Hai progredito molto, attirando il suo interesse ma questo ti rende disponibile di darle molto più tempo e spazio. Ma questo, irrimediabilmente, ti renderà poco interessante.

Potresti quindi vincere il suo affetto per te, in modo che ti veda come un bravo ragazzo, ma certamente non susciterai il suo interesse. E se lei non dovesse essere alla disperata ricerca di un partner, il risultato non sarà quello che desideri.
Se lei è una persona attraente, di solito sperimenta molto spesso questo tipo di situazioni: un uomo le mostra che le piace, ma non capisce che questo non lo rende affatto interessante, e la fa indietreggiare.

Ma ecco la svolta …

A un certo punto incontra un ragazzo che è diverso. Un uomo che sa come affascinarla. Una persona che non la corteggia, ma la prende per quella che è e gioca con il suo interesse per lei. Un uomo che l’ascolta, che le da attenzione certo, ma anche qualcuno che, dopo aver cercato di capire com’è fatta, cercherà di stimolare il suo interesse che le farà capire che rappresenta un’occasione incredibile da non farsi sfuggire. Un uomo che non le dispiacerà nemmeno qualche settimana dopo l’incontro. E poi, chissà, magari lei s’innamora…

Ora è tempo che tu prenda una decisione:

Quale di questi due tipi sarai d’ora in poi?
Colui che corteggia le donne e cerca di conquistare il loro affetto per se stesso, ma non va oltre l’amicizia.
Oppure sarai quello che susciterà il loro interesse, quello che le donne cercano quando entrano in una stanza e quello a cui pensano quando si trovano sveglie a letto la notte.

Ora tocca a te fare la tua scelta. Quali sono i tuoi punti di forza? Come attirare l’interesse?

Si parte da qui. Per info scrivimi a patrick@coach2coach.it

 

Patrick vom Bruck 

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Il Calcio visto da un genitore che ha capito!

Il Calcio

Il Calcio visto da un genitore che ha capito! Oggi il calcio dei bambini è troppo spesso caratterizzato da genitori invadenti che scaricano le loro frustrazioni sui ragazzi. Condivido la lettera di un genitore illuminato.

Un amico mi ha chiesto “Perché continui a pagare soldi per far fare Calcio ai tuoi figli?”
“Beh, devo confessarvi che io non pago per far fare Calcio ai miei figli. Personalmente non può importarmi di meno del Calcio. Quindi se non sto pagando per il Calcio per cosa sto pagando?
Pago per quei momenti in cui i miei figli son così stanchi che vorrebbero smettere ma non lo fanno.
Pago per quei giorni in cui i miei figli tornano a casa da scuola troppo stanchi per andare al campo ma ci vanno lo stesso.
Pago perchè i miei figli imparino la disciplina.
Pago perchè i miei figli imparino ad aver cura del proprio corpo.
Pago perchè i miei figli imparino a lavorare con gli altri e a essere buoni compagni di squadra.
Pago perchè i miei figli imparino a gestire la delusione quando non ottengono la maglia che speravano di avere ma devono ancora lavorare duramente.
Pago perchè i miei figli imparino a crearsi degli obiettivi e a raggiungerli.
Pago perchè i miei figli imparino che ci vogliono ore ed ore ed ore di duro lavoro e allenamento per creare un calciatore, e che il successo non arriva da un giorno all’altro.
Pago per l’opportunità che hanno e avranno i miei figli, di fare amicizie che durino una vita intera.
Pago perchè i miei figli possano stare su un rettangolo di gioco anziché davanti a uno schermo….
Potrei andare avanti ancora ma, per farla breve, io non pago per il Calcio, pago per le opportunità che il Calcio da ai miei figli di sviluppare qualità che serviranno loro per tutta la vita e per dar loro l’opportunità di far del bene alla vita degli altri.
E da quello che ho visto finora penso che sia un buon investimento.
Firmato:
Un genitore che ha capito.

Patrick vom Bruck
patrick@coach2coach.it

(Via Scuola Calcio Circolo Sportivo Italia)

Le relazioni: attenzione a quelle pericolose

Le relazioni

Le relazioni. Fate attenzione a quelle pericolose, a quelle che possono sfociare in violenza fisica e psicologica, a quelle che lasciano segni permanenti.

Le relazioni costituiscono spesso uno specchio della nostra vita, sono senza dubbio un indicatore importante di chi siamo e di come stiamo.

“Tu sei la somma delle cinque persone che frequenti di più”, diceva Jim Rohn e, dal punto di vista empirico non ho ancora mai trovato una prova contraria a questa meravigliosa frase.

Se ci fai caso in ogni relazione, sentimentale, amicale o professionale, ti imbatti sempre in situazioni simili. Una mia cliente, per esempio, ha sempre avuto uomini che la trattavano male. Era talmente abituata a essere denigrata dai suoi partner che, una volta conosciuta una persona che la riempiva di ciò che voleva, ovvero presenza e affetto, era impaurita e insicura.

Il tuo livello di autostima nelle relazioni è strettamente correlato a come queste ti fanno sentire.

Le relazioni contengono dei segnali cui dovresti prestare attenzione in quanto ti indicano la loro potenziale tossicità:

  • Ti umilia in pubblico.
  • Ti accusa di essere colpevole della sua rabbia.
  • Se la tua autostima da quando stai con lui/lei è diminuita.
  • Quando la sua gelosia condiziona i tuoi comportamenti, limitando la tua libertà.
  • Se, quando si arrabbia, si sfoga con violenza sugli oggetti.
  • Se ti fa sentire sbagliata/o.
  • Quando non dici quello che pensi per paura di farlo/a arrabbiare.

Essere umiliati in pubblico è brutto, indipendentemente da chi lo fa, ma se a farlo è il nostro partner allora diventa terribile. La situazione peggiore quando non reagisci all’umiliazione in quanto in questo modo non solo legittimi quanto detto ma, di fatto, alleni il tuo partner a farlo ancora. Se, per esempio, il tuo partner ti accusasse davanti ad amici e conoscenti di essere una frana ai fornelli, o peggio a letto, e tu non rispondessi allora il rischio di credere a quanto detto aumenta in modo esponenziale. L’umiliazione pubblica, così come quella detta tra le mura di casa, deve essere immediatamente bloccata.

I femminicidi costituiscono solo la punta dell’iceberg di un sottobosco fatto di violenze fisiche e psicologiche.

Le relazioni fatte di violenza sono tantissime. Ti sarai senz’altro chiesto come sia possibile finire in una relazione violenta, ma è più facile di quanto credi. I soggetti violenti, infatti, nascondono la loro indole dietro un’apparenza dolce e accogliente. Nessuna relazione violenta è iniziata con uno schiaffo, anzi normalmente passa molto tempo prima che si manifesti un accenno di violenza, che può essere uno spintone o uno schiaffo.

A questo seguono milioni di scuse, regali e la vittima può essere indotta a pensare che l’episodio violento sia stato solo un incidente, visto che non era mai accaduto prima. Eppure, se non si interrompe immediatamente la relazione, questo è l’inizio dell’inferno. La violenza aumenterà sempre di più con conseguenze facilmente immaginabili. La cosa orribile è che il soggetto violento accuserà la vittima di essere la causa dei suoi scatti violenti.  Una frase tipica è “guarda cosa mi costringi a fare!”. Le relazioni di questo tipo hanno degli effetti ovviamente devastanti sull’autostima.

Tuttavia non esiste solo la violenza fisica. Un partner rabbioso, aggressivo e facile all’ira è altrettanto pericoloso. Averci a che fare può risultare altamente deleterio per il nostro benessere e la nostra autostima. Se, per quieto vivere, inizi a non dire quello che pensi o a limitare le cose che fai per paura di farlo arrabbiare allora inconsapevolmente lo legittimerai. Questo aumenterà in te un senso di frustrazione e infelicità unitamente a un forte abbassamento della tua autostima.

Le relazioni sono minacciate da un altro grave pericolo, la gelosia.

Personalmente non trovo un unico aspetto positivo della gelosia in un rapporto. La gelosia è strettamente legata al possesso. Chi è geloso vuole avere il partner tutto per se e ha paura che qualcuno possa portarglielo via. Ogni cosa è vista con sospetto, il telefono del partner è un nemico perché potrebbe nascondere minacce e segreti.

Se noti che il tuo partner inizia a farti dei veri e propri interrogatori sui ciò che hai fatto in sua assenza, se vuole controllare il tuo telefono o le tue mail, allora hai un problema. La tua privacy è sacra! Non metterlo subito in chiaro ti farà correre il rischio di ritrovarti in una relazione tossica in cui la tua libertà potrebbe essere fortemente limitata.

Ovviamente non è sempre facile prestare attenzione a questi elementi se hai avuto dei modelli sbagliati. Se i tuoi genitori hanno o avevano una relazione negativa, fatta di litigi, di mancanza di rispetto, di tradimenti, allora tu potresti aver interiorizzato questo modello.

Fermati e ragiona sulla relazione dei tuoi genitori e domandati se hai mai ricalcato quel modello oppure se hai tentato di intraprendere la strada diametralmente opposta. Ora chiediti se questo tipo di relazione è quella che vorresti davvero, se è quella che corrisponde ai tuoi valori, alle tue emozioni.

Esistono persone che crescono in contesti dove la violenza domestica è all’ordine del giorno e che credono che non sia possibile vivere in altro modo.

Altre persone invece hanno avuto a che fare con persone che ne hanno devastato l’autostima, che le hanno permanentemente fatte sentire inferiori, inadeguate e, in generale, sbagliate.

Per avere una relazione sana devi innanzitutto allontanare i pericoli. La tua vita deve essere come una discoteca, la tua discoteca. Sei tu a decidere cosa fare per stare bene e, soprattutto, sei tu a decidere chi entra e chi no e quali sono le caratteristiche per essere ammesso nella tua vita. Le situazioni di cui ti ho parlato sono subdole e possono colpire chiunque e quindi presta attenzione a questi segnali. Se, leggendo questo articolo, hai notato che uno o più elementi di cui ho scritto sono già presenti nella tua relazione allora devi domandarti se il tuo partner è davvero giusto per te.

Se hai dei dubbi oppure se vuoi chiedere un consiglio, scrivimi pure. Aiutarti sarà un piacere.

Patrick vom Bruck

patrick@coach2coach.it

Sigaretta? Smetti con il metodo giusto per te!

Sigaretta? Smetti con il metodo giusto per te!

Sigaretta? Smetti con il metodo giusto per te! Smettere di fumare non è facile, ma con il tuo Coach e il giusto metodo è possibile.

Smettere di fumare mette paura vero? Lo so, vorresti mollare la sigaretta ma non ci riesci. Il solo pensarci ti mette ansia. Tutti i clienti che si sono rivolti a me per smettere di fumare con un percorso di Coaching avevano il terrore negli occhi per un’impresa che sembra irrealizzabile se non a fronte di sacrifici incredibili.

LA MIA ESPERIENZA

Ti capisco perfettamente, perché ci sono passato anche io. Ho fumato una media di 20 sigarette al giorno dall’età di 14 anni fino ai 36.  Non ti annoierò con frasi del tipo “fa male”, “sai che stai danneggiando i tuoi polmoni”, “stai dando un esempio sbagliato ai tuoi figli”, “stai buttando un sacco di soldi”, ecc perché queste cose le sai perfettamente.

Paradossalmente quando ti dicono queste cose ti viene ancor più voglia di accenderti una sigaretta e rinchiuderti nel tuo rifugio fatto di fumo, nicotina e catrame. La sigaretta è una fedele compagna, se fumi un pacchetto al giorno ci trascorri mediamente un’ora e venti minuti al giorno. I fumatori dedicano mediamente lo stesso tempo alle sigarette di quello dedicato al cibo. Incredibile vero?

Per non parlare dei soldi. Fumando una media di 20 ‘bionde’ al giorno, la spesa annua si aggira introno ai 1800€, cifra che aumenterebbe a 118.625 € (nota: considerando un fumatore che inizia a fumare a 15 anni e smette a 80) al netto dell’inflazione. Centodiciottomilaseicentoventicinque euro! Un mare di soldi in fumo.

Tutti questi motivi sono assolutamente logici e i fumatori li conoscono benissimo eppure non smettono. Non sono quelli a fare la differenza. Paradossalmente iniziare a fumare è difficilissimo. La prima sigaretta fa letteralmente schifo. Il sapore è nauseante, i polmoni si ribellano, viene la tosse, la testa inizia a girare. Terribile.

Non conosco un solo fumatore a cui sia piaciuta la prima sigaretta. Anche la seconda, la terza e la quarta non sono meglio. Il corpo si deve abituare a una cosa assolutamente innaturale. A chi verrebbe mai in mente di appoggiare il naso sopra una canna fumaria oppure alla marmitta di un pullman. Eppure il processo è identico.

“La prima sigaretta che ti fuma un bocca, un pò di tosse…” (Claudio Baglioni, Avrai)

La sigaretta al contrario della marmitta fino a qualche anno aveva un grande valore sociale. Nel 1957 il 65% degli uomini in Italia era fumatore. Tutti gli attori più famosi fumano nei loro film, i compagni di scuola più grandi fumano e magari anche i nostri genitori o amici di famiglia.

Era una cosa normale, anzi era qualcosa di più. Era un simbolo di forza per gli uomini. I ragazzini che iniziavano a fumare si sentivano più uomini, mentre per le donne era un simbolo di emancipazione.

Oggi il costume è cambiato anche se la percentuale di fumatori rimane altissima. Non ho mai conosciuto un fumatore che non si sia pentito di aver iniziato. La vita per un fumatore è più difficile. Se fumi lo sai bene. Nei mesi freddi si vedono persone uscire fuori dai bar e ristoranti per riempirsi i polmoni di nicotina e catrame, nonostante il clima ostile.

BACERESTI UN POSACENERE?

Anche i rapporti con i non fumatori possono essere difficili. Chi non fuma trova disgusto  il tanfo che emana un fumatore. Chi è single poi deve essere fortunato a trovare qualcuno che sia disposto a soprassedere al vizio del fumo visto che baciare un fumatore equivale a leccare un posacenere.

L’aspetto più triste di tutta la storia è che l’unico piacere che il fumatore ottiene dalla sigaretta è quello di cercare allo stato di pace, tranquillità e sicurezza che aveva prima di diventarne schiavo. (Allen Carr, È facile smettere di fumare se sai come farlo)

VUOI SMETTERE?

Cerca di capire se smettere di fumare è una tua scelta o meno. Nel momento in cui dici “devo smettere di fumare” ti provochi disagio perché la parola “devo” indica ansia, una scelta non tua, un’imposizione dall’esterno ma non la tua reale volontà. Sostituisci la parola devo con la parola scelgo. Se veramente scegli di smettere, se hai deciso che è arrivato il momento di dare un taglio con questa abitudine allora hai fatto il primo passo verso la liberazione.

HO SCELTO, E ADESSO?

Essendo un Coach umanista, io metto sempre l’attenzione sull’unicità di ogni essere umano e sulla sua consapevolezza. Non esiste una via unica per tutti. Confrontando i risultati di vari percorsi di coaching, ho scoperto che fondamentalmente esistono due modi per smettere di fumare:

METODO 1: ALL IN

questo metodo è per i più coraggiosi. Qui il taglio è netto. Prendi il pacchetto e buttalo via. Da oggi sei un ex fumatore. Stai per iniziare un percorso nuovo e rivoluzionario, non è facile ma sarà fantastico. Non fumerai più, hai scelto la salute.

Non stai rinunciando a nulla, anzi stai guadagnando tanto. Se inizi a pensare ‘non devo fumare’, allora cambia il tuo pensiero e trasformalo in pensiero positivo, per esempio: ‘è una mia scelta’, ‘lo faccio per me’, ‘voglio stare bene’, ‘voglio respirare’, ‘voglio essere libero’. Se dovessi fare fatica, creati una tua oasi, non vedere persone che fumano, allontana le tentazioni, soprattutto all’inizio. Inizialmente gli altri sembreranno non capirti, ma in realtà ti ammirano, ti invidiano, ma non hanno il coraggio di dirtelo.

Riempi la casa di Post-it con su scritte le motivazioni per le quali hai scelto di non fumare più. Sii consapevole, ricordati che stai cambiando un’abitudine, solo quella è la difficoltà. Se ti dovesse venire voglia di fumare, prenditi un minuto per te e chiediti se davvero lo vuoi, scrivi cosa ti passa per la testa e osservati. Lo vuoi davvero o è solo un’abitudine ben collaudata che spinge per essere mantenuta? Ricordati di quanto ci hai messo a iniziare a fumare, qui il percorso è lo stesso solo che ti condurrà alla salute, al respiro e alla libertà. Che la rivoluzione abbia inizio.

METODO 2: STEP BY STEP

C’è un’altra via, meno traumatica ma, osservando i risultati dei miei clienti, ugualmente efficace. Normalmente i fumatori si accendono la prima sigaretta dopo la prima colazione, in particolare dopo aver bevuto il caffè.

Supponiamo che tu sia abituato a fumarti la prima sigaretta alle 8:30. Da domani posticipa l’ora della prima sigaretta alle 11. Non è difficile, ci puoi riuscire. Continua per una settimana. La seconda settimana inizierà posticipando l’accensione della tua prima sigaretta dopo pranzo. Ti renderai conto che non è difficile, anzi. Sarà solo la tua abitudinarietà a farti vacillare, ma credimi ci puoi riuscire senza problemi.

Semmai dovessi trovarti in difficoltà, ricordati i motivi che ti hanno spinto a voler smettere. Nessuno ti obbliga, se la scelta è consapevole, basterà resettarti e ripartire. Noterai come dopo la seconda settimana i benefici saranno evidenti. Pelle, voce, capelli saranno molto migliorati. Nella terza settimana la prima sigaretta verrà accesa a metà pomeriggio tra le 16:30 e le 17.

La quarta settimana concentrerai il tuo vizio dopo cena, mentre la quinta settimana sarà quella senza ‘bionde’. Durante questo percorso scoprirai che puoi vivere benissimo senza sigarette, sarai fiero di te e chi ti vorrà bene sottolineerà i tuoi prodigiosi.cambiamenti.

RIASSUMENDO

In conclusione, indipendentemente da quale metodo ritieni più vicino alla tua persona devo informarti di una cosa importante. Smettendo di fumare non perdi assolutamente niente. Devi esserne consapevole. So che l’idea di non fumare più ti può dare l’idea di un sacrificio o di una rinuncia, ma non è così. La vita non è più divertente se fumi, anzi.

Quando eri bambino non avevi bisogno di fumare per essere felice e anche adesso, quando vai in una spa o fai sport non ti verrebbe mai in mente di fumare. E’ tutto qui. Inizialmente ti sembrerà strano non fumare in talune circostanze in cui eri abituato a tenere in mano una sigaretta, ma è solo abitudine, nulla di più.

Il piacere della sigaretta altro non è che un lavaggio del cervello nel quale ci imponiamo a farci piacere una cosa che di fatto non ci da nulla se non polmoni intasati, malattie, alito fetido, dita ingiallite e un mare di soldi in meno.

 

PUOI FARCELA.

Patrick vom Bruck

Amore eterno: è davvero un’utopia?

Amore è eterno, davvero un utopia?

Amore eterno: è davvero un’utopia? La differenza tra innamoramento e amore e i presupposti per una relazione felice e durevole.

L’amore è eterno o passeggero?”, “Cosa significa amare?”Probabilmente nella tua vita ti sarà capitato di porti domande del genere.

“L’amore non è un oggetto preconfezionato e pronto per l’uso. È affidato alle nostre cure, ha bisogno di un impegno costante, di essere ri-generato, ri-creato e resuscitato ogni giorno. Mi creda, l’amore ripaga quest’attenzione meravigliosamente. Per quanto mi riguarda (e spero sia stato così anche per Janina) posso dirle: come il vino, il sapore del nostro amore è migliorato negli anni.”

Zygmunt Bauman  (“La Repubblica” del 20.11.2012)

Così il noto sociologo parlava in un’intervista del sentimento che lo ha legato alla moglie Janina per ben 62 anni.

Esempi come questo ci inducono a pensare che l’amore, in rari casi, possa anche durare una vita.

Tuttavia c’è un punto essenziale sul quale spesso capita di fare confusione: la differenza tra innamoramento e amore.

L’innamoramento

Quando nasce una relazione, le sensazioni che si provano sono meravigliose, inebrianti.

L’innamoramento è un processo chimico vero e proprio che ti rende quasi dipendente, mentalmente e fisicamente, dal tuo nuovo partner. Il tempo e lo spazio iniziano a essere irrilevanti.

Hai presente quando sei in un locale con il tuo nuovo “lui” o la tua nuova “lei”, tutti i rumori di sottofondo spariscono e all’improvviso, guardando l’orologio, ti accorgi che state seduti da tre ore e non ci avete fatto caso? Ci sei passato sicuramente. Si chiama “flow”.

Tutto il mondo inizia a ruotare intorno a questa persona, che magari fino a poco tempo prima neanche conoscevi, con la quale vorresti condividere ogni singolo momento della giornata e con cui inizi a fantasticare sul futuro, immaginando di poter proiettare questa meravigliosa sensazione all’infinito.

Sei in pieno “innamoramento”! Splendido vero?

“L’amore è eterno finché dura”

Magari in questo momento starai pensando: “sì, d’accordo ma poi tutto il resto è noia. Va sempre così. Lo cantava pure Califano.”
È vero, può succedere, ma la regola non è esente da eccezioni. Esistono coppie che durano, ma soprattutto, esistono coppie che durano e sono felici.

“Vabbè sono fortunate!” è la possibile obiezione.

Si, potremmo sicuramente considerarle fortunate, ma c’è di più.

Ovviamente non stiamo parlando delle coppie che si trascinano litigando per i centri commerciali la domenica, ma di coppie che sono emotivamente vicine e che si nutrono vicendevolmente di amore.

Il punto è che le coppie felici non vivono un innamoramento permanente ma vivono “nell’amore”. La differenza è fondamentale.

La conoscenza del partner

Le persone che dopo un innamoramento travolgente si ritrovano a non sopportare più il partner di cui prima erano pazzi probabilmente hanno saltato un passaggio importante.

Hanno confuso l’innamoramento con l’amore, e si sono persi lo step che si trova proprio nel mezzo e si chiama conoscenza.

È la conoscenza che deve essere coltivata e curata. È la conoscenza consapevole che può portare all’autentica condivisione di un sentimento di amore tra due persone.

Innamoramento vs amore

L’innamoramento spesso può celare un tentativo di fuga da se’ e di soddisfazione di quelle esigenze che non si è in grado di soddisfare da soli.

L’amore, al contrario, si fonda su una conoscenza profonda e consapevole di se stessi e del proprio partner e dunque della coppia.

Quando ci si innamora spesso si finisce per proiettare più o meno inconsapevolmente sull’altro l’immagine di un partner ideale che soddisfi i propri bisogni emotivi.

È naturale come possa subentrare facilmente la noia e la disillusione. Si scopre infatti ben presto che il partner è a sua volta una persona con le proprie esigenze e fragilità e un analogo desiderio di essere amato per ciò che è realmente, nella sua essenza.

Solo se l’iniziale innamoramento sia accompagnato da una conoscenza reale di chi hai di fronte, si potrà distinguere se si tratta di un’emozione passeggera oppure di un incontro d’anime affini da cui può nascere una relazione d’amore.

Spesso si dice “ti amo” o peggio ci si sposa con persone che di fatto non si conoscono e questo ci condanna a essere infelici.

Tu e il tuo partner condividete gli stessi valori? Avete obiettivi di vita comuni o comunque armonici tra di loro? Stimi il tuo partner? ci sono caratteristiche di lui/lei che proprio non puoi sopportare?

Interrogativi di questo tipo sono importanti soprattutto all’inizio di una relazione perché ti consentono di distinguere se l’infatuazione iniziale è destinata a lasciare spazio alla noia oppure ci sono i presupposti per la nascita di una relazione di valore.

Se, una volta conosciuta una persona, ti accorgi di non amarla per quello che realmente è, di non condividere con lei obiettivi di vita e valori, allora non è sbagliato interrompere la relazione.

Questa decisione sarà una vera e propria liberazione per te e per il partner e non ci sarà nulla di sbagliato.

L’errore semmai è da rintracciarsi all’inizio della relazione quando l’innamoramento si è confuso con l’amore tralasciando una conoscenza approfondita dell’altro.

La consapevolezza

Ma non è tutto. Conosci te stesso? Perché stai iniziando una relazione? Conoscere l’altro è essenziale, ma ancor più importante è la consapevolezza circa le tue esigenze, i tuoi punti di forza e le tue vulnerabilità.

Se ad esempio stai cercando una storia d’amore a tutti i costi per evitare la solitudine e colmare un senso di vuoto, allora sarà impossibile costruire una relazione sana ed equilibrata.

In questo caso finirai per investire il partner dell’impossibile compito di “salvarti” dalle tue insicurezze e fragilità. La relazione che ne nascerebbe sarebbe asimmetrica, non alla pari.

La conoscenza è solo il punto di partenza

La conoscenza iniziale è un presupposto necessario ma non sufficiente affinché il sentimento d’amore possa nascere e perdurare.

In ogni storia d’amore, infatti, possono intervenire dei cambiamenti che possono minare la solidità della coppia.

Nuovi interessi, cambiamenti di lavoro o l’arrivo di un figlio possono alterare le dinamiche della relazione e far nascere l’esigenza di un nuovo equilibrio che sia funzionale per il suo benessere.

La riscoperta quotidiana del partner

Per questo motivo è così importante dedicare del tempo al piacere di una quotidiana riscoperta del partner e al rinnovamento della coppia.

Ogni individuo è in costante cambiamento ed evoluzione e questo fenomeno riverbera i suoi effetti anche sugli equilibri della relazione.

Con questa speciale attenzione, il sentimento può evolversi e diventare sempre più profondo con il passare del tempo.

In sostanza, l’amore è solo un punto di partenza da cui iniziare uno splendido viaggio, non una meta.

Per concludere con le parole di Erich Fromm: “L’amore, sentito così, è una sfida continua; non è un punto fermo, ma un insieme vivo, movimentato, anche se c’è armonia o conflitto, gioia o tristezza, è d’importanza secondaria dinanzi alla realtà fondamentale che due persone sentono se stesse nell’essenza della loro esistenza, che sono un unico essere essendo un unico con se stesse, anziché sfuggire se stesse…”

Sibilla Ceccarelli e Patrick vom Bruck

Parlare in pubblico: perché a volte fa paura?

Parlare in pubblico, perchè a volte fa paura?

Parlare in pubblico: perché a volte fa paura? Come superare la paura di parlare di fronte a una platea e trovare il proprio stile comunicativo.

Parlare in pubblico non fa per me”, “Ci riuscirò stavolta?” “Cosa penseranno di me?”, “Sarà un disastro”.

Quante volte ti è capitato di ripetere a te stesso frasi del genere al solo pensiero di dover parlare dinanzi a una platea?

Parlare in pubblico può fare paura esattamente come ogni nuova sfida che la vita ci presenta. È assolutamente normale.

La paura è un aspetto della nostra vita così come di quella degli animali. É un’inseparabile compagna che si presenta in ogni situazione critica o che reputiamo tale.

Nonostante possa apparire come un’emozione assolutamente inutile e detestabile, la paura in realtà ha una funzione importantissima: quella di preservarci dal pericolo. Quante volte questa emozione ci ha salvato la vita evitando che commettessimo imprudenze?

La paura dunque ha una sua ragione di esistere. Occorre solo diminuire la sua influenza ed evitare che essa ci paralizzi impedendoci di compiere azioni che possono essere importanti per la nostra realizzazione professionale e non solo. Il parlare dinanzi a una platea è senza dubbio una di queste.

Paura del giudizio del pubblico

Quante volte ti è capitato di giudicare severamente un oratore, attore o professore?

Ora tocca a te e non vedi proprio per quale motivo il tuo pubblico non dovrebbe criticarti come ti sei trovato a fare tu in tante occasioni.

Quando ti trovi a parlare in pubblico, la paura di non riuscire a controllare l’ambiente circostante e di essere giudicato negativamente può paralizzarti e farti provare una sensazione sgradevole.

Tuttavia, anche se in quel momento ti percepisci del tutto impacciato, non è detto che gli altri percepiscano tutto il tuo disagio e che comunque siano severi come te nel giudizio.

In ogni caso, occorre partire dal presupposto non possiamo piacere a tutti.

Nessun uomo di talento ha mai ricevuto consensi unanimi sulle sue performances. Ognuno di loro, invece, ha avuto degli haters pronti a rilevarne la presunta incompetenza.

Iniziamo quindi a ridimensionare l’importanza che diamo al giudizio del pubblico che è puramente soggettivo esattamente come il nostro.

La paura non va combattuta ma gestita

Per poter superare la paura occorre prima di tutto accettare il suo messaggio seppur senza dargli retta,  proprio come faresti con un amico che la pensa diversamente da te.

Cercare di combattere la paura del parlare in pubblico è inutile e controproducente. Sarebbe come dare gas a una macchina con il freno a mano tirato; raddoppieresti la fatica e lo stress ma non otterresti i risultati sperati.

Se ti concentri sul voler combattere la paura finisci per esserne del tutto dominato. In questo modo, infatti, dirigi la tua attenzione proprio su quello che vuoi evitare, aumentando di fatto le possibilità che la situazione temuta si avveri.

Allora come è possibile superare il timore della platea?

Il Flow

“Avrò qualcosa di interessante da dire?” “Come sto andando?” “Non sono in grado di parlare davanti a questa gente!”

Quando ci autosserviamo mettendo in dubbio le nostre capacità, distogliamo l’attenzione da quello che stiamo facendo per rivolgerla verso noi stessi.

Pensieri di questo tipo sono interferenze che fanno perdere la concentrazione penalizzando il risultato delle nostre azioni.

L’ansia sale e la nostra attenzione si frantuma fra quello che facciamo e il dubbio di non riuscire a farlo.

Inoltre, qualunque pensiero negativo sarebbe solo una nostra opinione e, in quanto tale, del tutto soggettiva e confutabile.

L’abitudine di mettere costantemente in dubbio le tue qualità ti fa disperdere energie preziose sia in fase di preparazione del discorso che durante l’intervento vero e proprio.

Per raggiungere qualunque obiettivo occorre invece uscire da sé per mantenere il focus su tutto ciò che è possibile e necessario fare per dare il massimo.

Quando ti ritrovi a scordarti di te stesso perdendo la concezione del tempo e dello spazio, sei nel c.d. “ flow” (letteralmente: flusso).

Quando sperimenti questa situazione ottimale, sei completamente dedicato e concentrato sull’attività che stai svolgendo.

“Cosa posso fare per preparare un ottimo discorso?” “Come può essere utile quello che intendo dire al mio pubblico?”

Questo tipo di interrogativi possono aiutarti a mantenere l’attenzione su ciò che è necessario fare ai fini di un buon public speaking.

L’allenamento

“Allenarsi significa progettare e realizzare, sperimentare e imparare, ripetere e ancora ripetere fino a che la sequenza successiva di azioni non sia migliore della precedente”

Luca Stanchieri

Per affrontare le nuove sfide che la vita ci presenta, occorre un buon allenamento.

Per imparare a gestire la paura di parlare in pubblico, dunque, è necessario che ti alleni costantemente a farlo, sebbene questo ti scateni reazioni emotive.

Puoi iniziare ad esercitarti nel parlare davanti a un piccolo pubblico, magari composto da genitori, partner e persone con cui ti senti a tuo agio, con i quali esercitarti e dai quali ricevere feedback. Si comincia!

Sei preparato?

La televisione in alcuni casi può essere un deterrente rispetto alla volontà di sperimentarsi nel parlare in pubblico.

Osservando Benigni, Grillo, Fiorello, Bonolis e altri professionisti potresti infatti spaventarti e pensare che per parlare dinanzi a una platea occorra improvvisare come sembrano fare loro. Queste persone, ognuna con il suo stile, riescono a parlare per ore tenendo alta l’attenzione della platea, spesso senza neppure un foglio in mano.

Va però considerato che tutti loro sono preparatissimi rispetto al lavoro che sono chiamati a svolgere.

Quello che dicono, che può sembrare spontaneo e frutto d’improvvisazione, ha in realtà alle spalle una lungo lavoro di preparazione, svolto non solo da loro ma anche e soprattutto da validissimi collaboratori che lavorano nell’ombra.

Quindi prepara bene cosa vuoi dire! Non pretendere da te stesso di dover improvvisare ogni singola parola del tuo discorso.

Fai uscire fuori chi sei veramente

Essere entusiasti ed estroversi non è di per sé motivo di successo nel parlare in pubblico.

Esistono celebri uomini di spettacolo che hanno uno un modo di parlare e di essere più pacato e rassicurante. Il loro stile comunicativo, tuttavia, non è affatto meno efficace di quello dei professionisti dalla personalità istrionica.

Quello che conta è che tu sia autentico, anche di fronte a una platea.

Qualunque forzatura nel tuo modo di parlare e di comportarti, infatti, risulterebbe innaturale e verrebbe percepita negativamente dal pubblico.

Anche dei piccoli difetti linguistici o inflessioni dialettali possono diventare dei segni distintivi che ispirano simpatia in quanto sono espressioni di spontaneità.

Trova il tuo stile comunicativo partendo dal tuo modo di essere e valorizzando la tua originalità.

La verità è la migliore arma di persuasione

Conosciamo tanti venditori che ci accolgono con un sorriso smagliante e con fare seduttivo ma li scansiamo regolarmente perché percepiamo che il loro scopo è venderci qualcosa, a prescindere dalla qualità del prodotto o servizio sponsorizzato.

Pensa però alle volte in cui ti sei trovato a parlare a qualcuno di un professionista o di un esercizio commerciale con cui ti sei trovato bene. In quel caso sarà bastato essere te stesso per convincerlo della bontà del tuo messaggio.

L’aspetto decisivo che riesce a rendere vincente la comunicazione è dunque la convinzione in ciò che si dice e la convinzione nasce dall’aderenza alla realtà.

Ogni volta che parli di fronte a una platea, il tuo atteggiamento mentale influenza anche quello dei tuoi ascoltatori. Per suscitare sensazioni positive bisogna credere profondamente in ciò che si dice, mostrando spontaneità e sincerità.

Se non credi pienamente in ciò che dici, perché dovrebbe crederci il tuo pubblico?

Le persone amano, più di qualunque altra cosa, la realtà. Se poi questa realtà è la vita stessa dell’oratore allora parlare in pubblico diventa ancora più efficace.

Riassumendo, il segreto per attuare un Public Speaking davvero efficace è quello di parlare del proprio background.

Racconta qualche episodio della tua vita e catturerai l’attenzione del pubblico in sala risultando autentico e dunque affidabile.

Comincia a sperimentarti nel parlare in pubblico e vedrai che con un po’ di impegno e allenamento i risultati che puoi ottenere sono impressionanti. Provaci…funziona!

Patrick vom Bruck

Lamento, un nemico da sradicare

Lamento, un nemico da sradicare

Lamento, un nemico da sradicare. Lamentarsi è inutile, improduttivo e distoglie energie preziose alla nostra vita. Vediamo come eliminarlo definitivamente.

Il lamento è parte della nostra vita quotidiana, è ovunque dentro e fuori di noi. Ormai siamo talmente abituati a lamentarci e sentire altri lamentarsi che non ci facciamo neanche più caso.

Nell’arco di una giornata ci confrontiamo sempre con questa brutta bestia. Non ci credete?

“Lamentarsi è non vedere tutte le porte aperti davanti a te, ma fissarsi sull’unica porta chiusa.” (R. Potocniak)

Partiamo dalla mattina. Appena svegli non mancano le occasioni di lamento: l’ora della sveglia, le poche ore di sonno, le cose che mancano per fare colazione, il nostro partner o i nostri figli che sono in ritardo, il clima (pioggia, freddo, troppo caldo) ecc.

Le cose ovviamente peggiorano quando a lamentarsi sono più componenti della famiglia. L’energia necessaria per iniziare la giornata viene così consumata in buona parte per passare in rassegna tutti i buoni motivi che abbiamo per sentirci infelici.

Uscendo di casa le cose peggiorano e il lamento aumenta. Dal traffico, al degrado, alle notizie che sentiamo alla radio, allo stato dei mezzi pubblici, al lavoro, al capo, ai colleghi, ai politici, ai dipendenti di poste/banca/bar/negozio. La cosa peggiore è che abbiamo dei validi alleati che alimenteranno costantemente il sacro fuoco del lamento. Questi alleati possono essere i colleghi, gli amici oppure perfetti sconosciuti che ci intossicano di negatività al bar, alla posta e così via.

Finito il lavoro, le cose non vanno meglio. Ancora il traffico, la cena, la famiglia, i figli, il sesso che non ci soddisfa o magari il nostro aspetto estetico, tutto può essere causa di lamento oppure motivo per ascoltare le lamentele altrui o entrambe le cose.

Le persone che si lamentano possono essere di tre tipi:

  • Quelli che si lamentano di loro stessi. Qui il lamento è autoriferito, ci si lagna di alcuni o tanti aspetti della vita, ma senza una reale volontà di cambiarla. Esempio: “non mi sento bene, mangio e fumo troppo.” – Perché non smetti di fumare e segui una dieta? “No, non ce la faccio. Troppo difficile. Poi sto vivendo un periodo stressante.” Allora prova a smettere quando sei in vacanza? “Ma che sei matto? Almeno in vacanza fammi godere la vita.”
  • Quelli che si lamentano del mondo esterno. Qui il lamento è concentrato su ciò che ci circonda e che viene individuato come la causa dei problemi del ‘lamentoso’. Ovviamente il lamento è fine a se stesso, non si fa nulla per cambiare l’oggetto del lamento o per modificare la propria situazione. Esempio: “l’Italia fa schifo, non funziona niente. Se vivessi altrove sarebbe tutto più facile e sarei più felice.” – Perché non ti trasferisci? “Ormai sono troppo vecchio, poi alla fine qui ho gli amici.”
  • Quelli che si lamentano di TUTTO. E questi sono la maggioranza. Tutto o quasi va male. Quante volte avete detto o sentito questa frase: “non riesco in nulla”, “tutto va male”, ” non posso riuscirci”, “è impossibile”?

Ma cos’è veramente un lamento? Quali vantaggi ci offre?

Il lamento è:

Garanzia d’insuccesso

Queste frasi sono un’assoluta e inevitabile garanzia di insuccesso per chi le pronuncia e per chi se ne fa contagiare. Al 100%. In Italia nel 2015 le persone con un capitale superiore al milione di euro sono aumentate del 7%. Quante di queste persone avranno passato le loro giornate a lagnarsi dell’Euro, del traffico, dei politici? Credo nessuno. Piuttosto me le immagino impegnate a creare, inventare qualcosa che abbia uno scopo e intente a trasformare una congiuntura negativa in una opportunità di crescita

Bufala

Le lamentele non solo sono una sicura fonte di insuccesso, ma sono fondamentalmente false. Chiunque dice “va tutto male”, “la vita fa schifo”, “non riesco mai in quello che faccio” è un bugiardo inconsapevole e un untore di negatività. Sia chiaro, non sto dicendo che non esistono problemi e difficoltà, sarei un pazzo. Tuttavia prendiamoci un momento per osservare la nostra vita. Va davvero tutto male? Non c’è proprio nulla di bello è positivo? Vi do qualche indizio: figlio/i, nipote/i, madre, padre, nonna/o, amici, cane, gatto, salute, lavoro, casa, calcio, tennis, cibo, cinema, musica ecc. Analizzate ognuno di questi punti. Dubito seriamente che sia tutto irrimediabilmente negativo. Non solo, la lamentela è CONTAGIOSA. Lamentandoci contageremo chi ci ascolta, danneggiandolo. Ne vale la pena?

Inutile

La lamentela è assolutamente, irrimediabilmente e definitivamente improduttiva. Non conosco una sola persona che ha mai tratto un beneficio pratico, fisico e spirituale dal lamento. Lamentarsi ci costa energia, anche perché spesso ci sentiamo in obbligo di giustificare la bontà del nostro lamento. Spesso assistiamo a discussioni in cui qualcuno s’impegna strenuamente a convincere chiunque abbia osato mettere in dubbio la fondatezza della sua lamentela. E anche se la convince cosa ci guadagna? ASSOLUTAMENTE NULLA

Difficile da sradicare

Come uno sportivo che si allena tutti i giorni per anni al fine di ottenere risultati eccezionali, anche un lamentoso è molto allenato. Lamentarsi più o meno costantemente ogni giorno, ogni mese, ogni anno ha richiesto molto allenamento anche se, purtroppo, questo è stato inconsapevole.

Per togliere questo vizio bisogna allenarsi duramente. I primi giorni saranno difficili, vi sentirete persi e, visto che spesso ci lamentiamo in compagnia, strani. È incredibile ma le persone tendono a diffidare di chi non si lamenta mentre si sentono in sintonia con chi è negativo, un po’ perché gli somiglia un po’ perché li fa sentire migliori.

Come uscirne?

  • RICONOSCIMENTO. Osservatevi bene, siete lamentosi? Esserne consapevoli è il primo passo.
  • ALLENAMENTO. Quando iniziate a lamentarvi, riconoscete che lo state facendo e fermatevi. Non colpevolizzatevi, ma allenatevi a impiegare le energie che solitamente investite nel lamentarvi in pensieri e attività finalizzate a migliorare la vostra situazione presente o a realizzare obiettivi nel futuro e noterete che gradualmente la spinta a lamentarvi diminuirà. Inizialmente sarà difficile, ma basta allenarsi e ci riuscirete
  • ALLONTANAMENTO. Lavorare su di noi è il primo passo, ma poi bisogna agire sull’ambiente che ci circonda. Allontanando da noi le persone lamentose elimineremo la negatività che ne deriva. Questa negatività è altamente tossica, ci fa sentire male fisicamente e psichicamente e, come detto, è assolutamente inutile. Allontanarsi da chi ci circonda non è sempre facile, va fatto gradualmente.

Forse vorreste obiettare che non sempre ci è possibile allontanare le persone lamentose. Può ad esempio accadere che si tratti di familiari, colleghi o dei propri superiori sul posto di lavoro. Ebbene in questi casi l’importante è non farsi scalfire dalle continue lamentele evitando di alimentarle e di prestarvi attenzione. Un tale comportamento farà capire a chi avete intorno che non intendete esserne voi i destinatari. Vedrete che questo lavoro di allontanamento porterà grandi risultati non solo su di voi, ma ne trarranno beneficio anche le persone che vi sono più vicine.

Non siete ancora convinti che sia il caso di eliminare il lamento dalla vostra vita?
Pensate a tutte le energie mentali che impiegate focalizzandovi costantemente su ciò che non va in voi e al di fuori di voi e ora immaginate quante cose potreste realizzare e quanti più obiettivi potreste raggiungere investendo le stesse energie in pensieri più costruttivi, orientati al miglioramento della situazione presente e alla realizzazione dei vostri desideri.

UNA VITA PRIVA DI LAMENTI È UNA VITA MIGLIORE

Patrick vom Bruck

patricklifecoach@gmail.com