Potenziare l’autostima per instaurare relazioni felici e appaganti

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Potenziare l’autostima per instaurare relazioni felici e appaganti. Una giornata di formazione al Centro Antiviolenza Erize per allenare l’autostima e la cura di sé

Lo scorso 4 maggio, la Psicologa e Psicoterapeuta Rita Zumbo ha tenuto un seminario esperienziale presso il centro antiviolenza M. A. Erize sull’autostima.

Abbiamo già visto nei precedenti incontri come la bassa autostima accomuni sia il narcisista che il dipendente affettivo: Il dipendente affettivo crede di non essere “abbastanza” da meritare amore, mentre il narcisista non è in grado di tollerare che venga messa in discussione in qualche modo la sua persona. Entrambi, quindi, sono dipendenti dall’approvazione altrui e non sono in grado di accettare e accogliere loro stessi così come sono, con pregi e difetti.

Per superare tali disturbi, quindi, è necessario lavorare sull’amore e il rispetto che ognuno di noi nutre verso se stesso.

Aumentare l’autostima diventando più sicuri e consapevoli di se stessi è un passaggio fondamentale per lasciare alle spalle relazioni disfunzionali causa di tanta sofferenza e iniziare un nuovo capitolo della propria vita.

Come fare?

Per prima cosa iniziando a prendersi cura di se stessi, perché la cura è l’inizio della guarigione.

“La verità è che l’unica persona con cui passeremo tutta la nostra vita siamo noi stessi”. (cit)

Prendersi cura vuol dire nutrire qualcuno con un’attenzione amorevole; proprio come faremmo con un bambino che vogliamo far crescere sano o con una pianta che vogliamo rendere rigogliosa.

Prima di esplorare il concetto della cura di sé occorre però chiarire cosa si intende per autostima, parola diventata ormai di uso comune ma di cui spesso non si conosce il vero significato.

L’autostima

Già scomponendo la parola auto-stima, possiamo comprendere come essa faccia riferimento a una valutazione che ogni individuo compie di se stesso e come in realtà non abbia nulla a che fare con la stima altrui, proveniente dall’esterno. Eppure, una caratteristica di chi ha una bassa autostima è proprio quella di far dipendere l’idea che ha di sé dall’approvazione degli altri.

Ognuno di noi, nell’arco della propria vita, si forma un concetto di sé che è soggettivo, cioè non corrisponde necessariamente alla realtà oggettiva. Ad esempio, una persona potrebbe essere convinta di non essere brava nel suo lavoro nonostante abbia continue dimostrazioni dall’esterno delle sue ottime capacità e viceversa.

L’autostima ha una serie di corollari ad essa collegati; allenando l’autostima, infatti, è possibile sviluppare:

  • l’autocontrollo, ovvero la capacità di controllare le emozioni;
  • la fiducia in se stessi;
  • l’autoregolazione, cioè la padronanza dei propri comportamenti;
  • il senso di autoefficacia, cioè la consapevolezza circa l’efficacia dei propri comportamenti;
  • l’autorealizzazione, ovvero la spinta a realizzare se stessi nell’ambito di un progetto di vita che punti alla felicità.

Possibili cause di una scarsa autostima

A formare l’idea che ognuno ha di sé contribuiscono le relazioni con le figure genitoriali e le successive esperienze di vita.

Ogni bambino, per sviluppare una solida autostima, deve sentirsi approvato dai genitori. Se questo non avviene, la necessità di approvazione altrui non finirà con il periodo dell’infanzia ma resterà una costante nella vita dell’individuo. Tale dinamica lo renderà di fatto dipendente dall’accettazione esterna, facendo entrare una grande sofferenza nella sua vita.

L’autostima, infatti, riflette la valutazione operata dall’individuo delle sue esperienze e comportamenti passati e questa influenza i suoi comportamenti futuri. Se ad esempio fin da piccoli ci hanno continuamente ripetuto i nostri difetti senza mai darci conferme positive, è probabile che finiremo per convincerci di essere “sbagliati” e leggeremo tutte le successive esperienze in chiave negativa, trovando in esse conferma della nostra presunta inadeguatezza. Questa convinzione negativa, inoltre, ci predisporrà a mettere in atto comportamenti che faranno sì che nella nostra vita si ripetano situazioni che confermino tale idea.

In altre parole, l’autostima è la valutazione del nostro concetto di sé, che è dato dal rapporto tra come percepiamo noi stessi, cioè il cosiddetto sé percepito e il sé ideale.

Il sé ideale corrisponde al modo in cui ognuno di noi vorrebbe che gli altri lo vedessero. Esso è legato alle esperienze dell’infanzia e rispecchia le aspettative dei genitori. Per fare un esempio, se un genitore ha cresciuto il proprio figlio con l’aspettativa che debba essere sempre il migliore della classe e diventare un grande professionista, il ragazzo dovrà confrontarsi durante la crescita con un sé ideale difficile da raggiungere e questo lo porterà a vivere come un enorme fallimento ogni banale difficoltà scolastica incontrata lungo il percorso.

La mancanza di autostima, quindi, è spesso il risultato di un grande divario tra come pensiamo di essere (sé percepito) e come vorremmo essere (sé ideale). Parlo di quella costante sensazione di non essere mai abbastanza, nei vari ambiti della vita, di non raggiungere mai un ideale di perfezione, a prescindere dai risultati e feedback positivi che possono arrivare dall’esterno.

Viceversa, più i due concetti di sé percepito e di sé ideale coincidono, più possiamo sperimentare una solida autostima.

Altre volte, invece, la scarsa autostima può essere causata da una distorsione nel modo di percepire se stessi: non sempre, infatti, il sé reale, cioè chi siamo oggettivamente, e il sé percepito, cioè la nostra idea di noi, corrispondono. Ad esempio, un individuo affetto da anoressia, può arrivare a guardarsi allo specchio e vedersi grasso nonostante sia gravemente sottopeso.

La resilienza

Abbiamo visto come la mancanza di autostima può dipendere dalle relazioni instaurate con le figure genitoriali durante l’infanzia. Eppure, come è possibile spiegare che, a parità di situazione familiare difficile, alcune persone presentano problemi di autostima e altre no?

La risposta risiede nel concetto di resilienza. La resilienza è la capacità di reagire in modo creativo e positivo agli eventi negativi.

Sono esempi di resilienza la pittrice Frida Kahlo o altri noti personaggi contemporanei come Alex Zanardi e Bebe Vio, le cui biografie dimostrano come siano stati in grado di affrontare gravi problemi fisici con grande slancio vitale.

Alcuni individui presentano questa capacità in forma innata, mentre altri la possono sviluppare successivamente nel corso della vita. La buona notizia è che è possibile allenarla, cominciando a guardare ad ogni difficoltà come ad un’occasione di crescita personale.

L’amore verso se stessi

Se è vero che le esperienze del passato possono aver avuto un impatto negativo sulla nostra autostima, questo non vuol dire che non sia possibile lavorare su noi stessi per cominciare a volerci bene e accettarci così come siamo.

Avere una solida autostima, infatti, non significa arrivare al proprio sé ideale, ma vuol dire accettare di non poter raggiungere una perfezione che di fatto non esiste.

Amare se stessi vuol dire nutrire profondo rispetto verso la propria persona, malgrado i difetti e le fragilità. Solo quando accettiamo noi stessi per quello che siamo, possiamo trasformare positivamente degli aspetti di noi e crescere. Accettare infatti non equivale a rassegnarsi passivamente, bensì ad accogliere amorevolmente.

Come già detto, i problemi di autostima sono connessi alla ricerca di approvazione dall’esterno.

Ogni individuo adulto dovrebbe invece iniziare a cercare la propria approvazione, senza più preoccuparsi di quella che proviene dall’esterno. La nostra felicità, infatti, dipende solo da noi.

Se desideriamo un cambiamento, questo deve necessariamente partire dall’interno.

Come facciamo a sentirci amati se noi per primi non amiamo noi stessi?

Se aumenta la stima e l’amore che nutriamo per la nostra persona, gradualmente le relazioni che instaureremo rispecchieranno questo cambiamento.

Per compiere questo passaggio occorre per così dire “genitorializzarsi”, cioè diventare genitori benevoli di se stessi, senza restare ancorati a quella approvazione che forse non c’è stata durante l’infanzia.

Cominciamo quindi a domandarci se approviamo noi stessi e quello che siamo e che facciamo nella nostra vita. Più che chiederci se gli altri ci accettano, rivolgiamo a noi stessi questi interrogativi:

Chi sono? cosa desidero per la mia vita?

Quando cominciamo a essere più consapevoli della persona che siamo, diventiamo più centrati e in contatto con i nostri bisogni e desideri. In questo modo gli altri inizieranno a rispettarci e amarci di più, proprio come facciamo con noi stessi.

La cura di sé

Il primo passo per allenare l’autostima è prendersi cura di sé. Iniziare a far caso a quanto tempo durante la giornata dedichiamo a noi e a ciò che ci fa stare bene. Può trattarsi anche di piccoli gesti quotidiani e brevi momenti di felicità, come ad esempio fare una passeggiata all’aria aperta, trascorrere del tempo con gli amici oppure dedicarsi a un hobby. Siamo tutti diversi e ognuno ha i suoi personali modi per stare bene. Occorre trovarli e ritagliarsi uno spazio e un tempo per coltivarli sempre di più.

Prendersi cura di se stessi significa volersi bene. Solo curandoci possiamo guarire le ferite del passato. La cura di sé ha un vero e proprio “effetto volano” sull’autostima.

Il prossimo appuntamento formativo si terrà sabato 18 maggio e sarà dedicato alla manipolazione affettiva.

 

Sibilla Ceccarelli – Coach, in collaborazione con PsicologheLab