La dipendenza affettiva spiegata attraverso il mito della Ninfa Eco.

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La dipendenza affettiva spiegata attraverso il mito della Ninfa Eco. Una giornata di formazione al Centro Antiviolenza Erize per guardarsi dentro e riconoscere, con ironia e amore verso se stesse, le proprie fragilità e le risorse per affrontarle.

Lo scorso 23 marzo, la Psicologa e Psicoterapeuta Rita Zumbo ha tenuto un interessate seminario esperienziale presso il centro antiviolenza M. A. Erize sulla dipendenza affettiva.

La giornata è iniziata con il racconto del mito di Eco e Narciso. La mitologia ha offerto preziosi spunti per spiegare in modo semplice e intuitivo fenomeni complessi come i disturbi della sfera affettiva.

Il mito narra la storia del bel Narciso, iperprotetto dalla madre e incapace di amare qualcuno all’infuori di se stesso e della Ninfa Eco, innamoratasi perdutamente di lui, che si autodistrugge fino a perdere la potenza della sua bella voce a forza di invocare colui che non vuole affatto ascoltarla.

Eco e Narciso, per paradosso, sono due facce della stessa medaglia. Entrambi sono simboli eterni dell’incapacità di amare davvero, di raggiungere una profonda intimità con il partner, di vedere l’altro per la persona che è realmente, con pregi e difetti.

La Ninfa Eco e La dipendenza affettiva

La Ninfa Eco ritrae fedelmente la figura del dipendente affettivo.

Nel mito, la bella Eco arriva quasi a perdere la voce dopo aver invocato a lungo e invano Narciso, di cui era follemente innamorata, che non aveva in realtà nessun interesse ad ascoltarla.

La mitologia offre un’efficace metafora per descrivere quelle relazioni in cui un uomo o una donna cercano disperatamente la considerazione e l’amore del partner, il quale invece è troppo preso da se stesso per accorgersi di loro.

Con la flebile voce che le resta, Eco è in grado solo di ripetere (l’ultima parte di) ciò che dice l’altro, ma non può più far sentire la propria voce.

L’esito della dipendenza affettiva è dunque l’accondiscendenza e l’asservimento completo al partner. Il prezzo da pagare per ricevere sicurezza affettiva però è molto alto: occorre rinunciare alla propria identità e sacrificarla in nome di un amore che genera sofferenza.

“Non merito di essere amato”. Ecco la convinzione che condiziona la vita sentimentale del dipendente affettivo.

L’insicurezza di chi sviluppa una dipendenza affettiva nasce generalmente da una mancanza di amore, di una base affettiva sicura, che ha caratterizzato il periodo dell’infanzia. Le ragioni per cui il dipendente affettivo non si è sentito abbastanza amato possono essere molteplici: casi di abusi psicologici da parte di genitori alcolisti o tossicodipendenti, madri affettivamente assenti perché alle prese con lutti familiari o con problemi di depressione ecc.

Per sopperire alla mancanza di affetto vissuta, il dipendente affettivo tende a iper responsabilizzarsi. Cerca disperatamente di guadagnare amore facendosi in quattro per gli altri e dimostrandosi disponibile e compiacente. Generalmente ha difficoltà a gestire le proprie emozioni da cui a volte si sente sovrastato e necessita di continue conferme da parte degli altri.

Il dipendente affettivo porta con sé un fardello fatto di senso di inadeguatezza e paura di essere abbandonato, essendo convinto nel profondo di non essere degno d’amore. Per questo motivo, avverte la perenne urgenza di colmare un vuoto, anche a costo di accontentarsi delle “briciole” e di adattarsi a partner anaffettivi.

Il dipendente affettivo, pur di evitare la sofferenza della non amabilità e l’abbandono, può in certi casi arrivare a tollerare forme di violenza psicologica o fisica da parte del partner.

Quando si è dipendenti a livello affettivo si è costantemente focalizzati sui bisogni dell’altro, che si cerca di accontentare fino al punto di sacrificare se stessi e la propria felicità.

Eppure, il fatto di poter dare a qualcun altro quell’amore che non si nutre per se stessi è solo un’illusione. Come si può dare ad altri ciò che non si ha?

Contrariamente ai luoghi comuni sull’argomento, nelle relazioni interessate dalle dinamiche di narcisismo e dipendenza affettiva non esiste una netta distinzione tra “buoni” e “cattivi” o tra “vittima” e “carnefice”. Mentre la dipendente affettiva Eco viene manipolata dal Narcisista, a sua volta “utilizza” quest’ultimo in modo strumentale alla soddisfazione del suo bisogno di colmare un vuoto affettivo e allontanare la paura dell’abbandono.

Abbandonare i “copioni” per diventare libere

È stato interessante scoprire come tratti di narcisismo e di dipendenza affettiva siano presenti in ognuno di noi e come questo sia perfettamente normale e fisiologico.

Può accadere però di scoprirci a interpretare in ogni relazione d’amore un ruolo rigido e immutabile, quello della persona sensibile ed empatica, vittima di un partner freddo e distaccato.

La ricorrenza delle stesse dinamiche all’interno di ogni relazione vissuta non può essere casuale, ma dipende senz’altro dai nostri pensieri e comportamenti.

Il primo passo per smettere di identificarsi con un ruolo fisso che ci intrappola in una serie di storie disfunzionali è quello di diventarne consapevoli.

Troppo spesso, quando la fine di una relazione porta con sé una grande sofferenza, si tende a voler capire a tutti i costi le motivazioni che hanno indotto il partner a comportarsi in un determinato modo.

Se si ha una bassa autostima, poi, si tende a pensare a se stessi solo in termini negativi, cercando di rintracciare quali sono stati gli errori che hanno portato a quell’epilogo.

Per smettere i panni della Ninfa Eco, occorre invece spostare la propria attenzione dall’altro per rivolgerla in modo amorevole verso noi stesse.

Per imparare a prenderci cura di noi, occorre cominciare a porci alcuni interrogativi a cui probabilmente all’inizio non sarà facile dare una risposta. Se per lungo tempo ci si è preoccupati solo delle esigenze dell’altro, vuol dire che probabilmente non si è molto abituati a interrogarsi su quale sia il proprio bene.

Cos’è che ci rende felici? Qual è il nostro progetto di vita? Quali sono i nostri punti di forza che ci rendono persone uniche e speciali?

Nel momento in cui riscopriamo la nostra identità, diventiamo consapevoli delle risorse su cui possiamo contare per trarre dalla sofferenza nuova forza e saggezza.

Il prossimo appuntamento formativo si terrà il 13 aprile e sarà dedicato al narcisismo.

La giornata di formazione al Centro antiviolenza M. A. Erize è stata permeata da un clima di sorellanza e di profonda umanità. È stato bello conoscere tante donne coraggiose e desiderose di mettersi in gioco per crescere insieme.

Sibilla Ceccarelli – Coach, in collaborazione con PsicologheLab